Nature morte

Data
23 Jun 2023
Autore
Michela Luce

Violino spezzato

Nature morte

La Natura Morta è viva

Potremmo risalire all'epoca ellenistica quando la si trovava riprodotta in forma di mosaico pavimentale, fino a vederla caricata di valenze simboliche già nel Medioevo, mentre nel Quattrocento veniva proposta per riprodurre tarsie lignee che consentivano di sperimentare tecniche di precisione pittorica; ma è con Raffaello e Giovanni da Udine che la Natura Morta trasformò i soffitti di Villa Farnesina a Roma in loggiato fiorito a trompe-l'oeil dove l'elemento di decoro nascondeva allusive e sottese simbologie. Nei Paesi Fiamminghi diventò tra Cinquecento e Seicento un soggetto di successo, particolarmente richiesto per abbellire le dimore dei ricchi mercanti borghesi o le corti europee, come nel caso di Arcimboldo che, ospite a Praga di Rodolfo II, offrì fantasmagoriche quanto repulsive interpretazioni che ostentavano riferimenti al personaggio ritratto, seppur celati dietro a forme naturalistiche ricomposte in chiave alchemica, anticipando una lettura che tanto avrebbe affascinato quattro secoli dopo i surrealisti.

Finché Michelangelo Merisi da Caravaggio, col celeberrimo Canestro di frutta dipinto nel 1596 dimostrò che le forme naturali inanimate meritano la stessa attenzione della figura umana con la tensione scultorea dei suoi muscoli. Inevitabile diviene il confronto tra le nature morte novecentesche: da quelle metafisiche di Morandi e de Chirico, fino agli assemblages di objets trouvés di Arman; intrise di quiete e di lirismo in Felice Carena, composte ad intarsi di pittura e mosaico in Bruno Saetti con i suoi soli che sembrano tramontare tuffandosi dietro alla composizione, fino alle provocazioni di Eulisse che carica il colore di una forza espressiva capace di trasformare e vivificare le forme, solo apparentemente inanimate.

 

Michela Luce